In questo periodo si parla molto della
morte di Steve Jobs, un personaggio con grandi idee e che ha
profondamente segnato il mercato delle nuove tecnologie, innovandolo
e creando qualcosa di nuovo. “Stay hungry, stay foolish” questo
era il suo slogan che ormai vediamo ovunque e che appare anche nelle
pagine Facebook di chi non lo conosce minimamente. Come lui però
tantissime persone grazie ad un idea hanno potuto cambiare il mondo
attorno a loro e noi di Gaming Mole nel nostro piccolo vogliamo
dedicare un semplice spazio di approfondimento ad alcune personalità
che per caso si sono trovate nel mondo del gaming e che con le loro
idee hanno cambiato sensibilmente il nostro modo di vedere i
videogiochi. Pronti? Iniziamo!
Charles Martinet – La voce dietro
all'eroe
Non molti sanno chi è Charles Martinet
e quelli che lo sanno si staranno chiedendo cosa ci fa un doppiatore
in questa lista, però pensateci un attimo, qual'è una delle
caratteristiche principali che vi vengono in mente quando pensate a
Mario, la mascotte Nintendo più riconosciuta nel mondo? Forse può
sembrare stupido ma la voce di Mario gioca un gran ruolo
nell'immagine del personaggio e dietro ai vari “mammamia!” e
“whoohooo!” c'è una storia che merita di essere raccontata.
Era il 1987 e la Nintendo of America
stava cercando un doppiatore per Mario questo perché in uno dei
successivi eventi si sarebbe utilizzata un'avanzata (per l'epoca)
tecnologia in grado di ricreare in 3d la testa di Mario che poi
avrebbe interagito con gli ospiti. Martinet non sapeva niente di
tutto questo però sotto consiglio di un amico si presentò
all'audizione non invitato, chiedendo di poter provare la parte. Il
direttore acconsentì e gli raccontò brevemente della tecnologia
aggiungendo che doveva fare la voce di un “idraulico italiano di
Brooklyn”. All'inizio Martinet aveva pensato di fare una voce dal
tono basso e con frasi scontrose tipica dello stereotipo italo
americano, tuttavia quella doveva essere la voce che avrebbero dovuto
sentire anche i bambini alla convention e quindi andava cambiata per
risultare più amichevole.
Quando fecero partire il nastro di
registrazione, Martinet non aveva ancora le idee chiare ma di impulso
quello che disse fu “It's a me, Mario!” nella voce che tutti noi
oggi conosciamo dopodiché incomincio a parlare con quella voce
finché non finì il nastro. Uscito dallo studio Martinet era
convinto che non sarebbe mai stato richiamato per il ruolo ma a
quanto pare le cose andarono diversamente, il responsabile fu infatti
entusiasta della sua audizione e lo convocò per la parte.
La presenza della testa di Mario
parlante fu molto apprezzata dal pubblico tanto che fu riproposta
anche in altri incontri, in uno di questi Martinet ebbe modo di far
parlare Mario con il suo creatore Shigeru Miyamoto chiamandolo papà,
Miyamoto fu molto divertito dalla voce e offrì al doppiatore
l'opportunità di prestare la sua voce anche nei videogiochi. Adesso
Martinet non doppia solo Mario, ma anche Luigi, Wario e Waluigi,
personaggi che col tempo ha apprezzato sempre di più e che gli
piacciono perché rappresentano le parti più ingenue e innocenti di
ognuno di noi, il suo preferito rimane comunque Mario di cui adora il
coraggio e l'ottimismo con cui si butta nelle sue imprese per salvare
Peach.
Parole di saggezza:
Amy Hennig – Giochi che sono storie
da raccontare
Si sa, il mondo degli sviluppatori di
videogames è fatto di omoni barbuti e in sovrappeso o almeno così
dice l'opinione pubblica, fortunatamente in realtà non è proprio
così, un esempio è Amy Hennig una donna il cui ingegno ha dato vita
a giochi memorabili.
Il coinvolgimento di Amy nei
videogiochi è tuttavia puramente casuale, infatti dopo essersi
laureata in letteratura inglese e dopo l'iscrizione ad un scuola di
cinematografia le capita di accettare un lavoro freelance come
artista per un videogioco Atari ed è li che scatta la scintilla.
Amy sembra infatti comprendere che nei
videogiochi c'è un gran potenziale forse maggiore rispetto ai film,
per questo motivo lascia la scuola di cinematografia e si dedica
completamente all'industria dei videogames.
La grande opportunità viene qualche
anno dopo quando viene assunta dall'Electronic Arts e viene promossa
a lead designer per il gioco Michael Jordan: Chaos in the windy city
Un gioco il cui obiettivo e far girar le palle! |
La carriera di Amy continua alla
Crystal Dinamics dove aiuterà a sviluppare i titoli della serie
Legacy of Kain, titoli dalla narrazione abbastanza complessa, per chi
non li conosce basti pensare che la storia parla di vampiri, viaggi
nel tempo, paradossi temporali e antiche civiltà, tanta carne al
fuoco che Amy riesce a gestire con maestria grazie anche al suo
background letterario che le sarà molto utile nello sviluppo dei
giochi successivi tra cui il pluriacclamato Uncharted.
Proprio grazie al seguito di Uncharted
Amy si guadagna un premio dalla Writer's Guild of America per la
sceneggiatura magistrale del gioco che ricorda molto da vicino un
film di Indiana Jones, tuttavia Amy tende sempre a chiarire che non è
tutto merito suo e che alla realizzazione del gioco sono state
coinvolte oltre 150 persone tra artisti e programmatori.
150 persone coordinate da una donna?
Forse lo stereotipo del maschilismo nel mondo dei videogiochi non è
poi così tanto veritiero, lo conferma anche Amy che per tutti gli
anni che ha lavorato nell'industria non si è mai sentita
discriminata in quanto donna, anzi è stato proprio grazie al
confronto reciproco con i colleghi colleghi che ha permesso loro di
creare giochi di qualità.
Parole di saggezza:
“Questo è un settore dove bisogna
imparare a riapprendere le cose e a ricominciare da capo, se non sei
in grado di farlo non resisti”
Tetsuya Nomura – Ascensori che creano
capolavori
Lo vedete quest'uomo? Si chiama Tetsuya
Nomura, ha 41 anni, è un game designer e ha diversi super-poteri tra
cui l'abilità di scalare le piramidi aziendali in poco tempo e far
diventare un best seller ogni gioco che tocca.
La sua carriera inizia nel '91 alla
Squaresoft dove lavora come debugger per Final Fantasy IV, l'anno
successivo diventa graphic designer per i mostri di Final Fantasy V e
due anni dopo graphic designer per i personaggi di Final Fantasy VI.
La svolta si ha però quando nel '95 gli viene data l'opportunità di
curare la grafica e scrivere la storia di Final Fantasy VII, quel
gioco a cui tutti prima o poi abbiamo giocato o ne abbiamo almeno
sentito parlare.
è così famoso che Nomura ci ha girato un film sopra e Nomura non è nemmeno un regista! |
Final Fantasy VII si rivela un grande
successo e come scriveva la critica all'epoca “ridefinisce gli
rpg”, infatti Nomura si discosta leggermente dallo stile classico
di Final Fantasy e crea un titolo con una storia più seria, un
atmosfera più scura e dei personaggi molto particolari.
I successi di Nomura però non
finiscono qui, anzi se ne creeranno molti altri ma tutto incomincierà
per caso da un incontro in ascensore.
Cosa succederebbe se un giorno di
fianco a noi in ascensore salisse un dirigente della Disney?
Probabilmente niente al massimo un saluto e qualche commento sul
tempo per rompere l'imbarazzante silenzio che si crea in quelle
situazioni, ma Nomura come descritto in precedenza non è come noi e
quando l'ascensore arriva al piano giusto lui e il dirigente Disney
hanno già il progetto dell'anno, la leggenda infatti vuole che
Nomura (anche se in realtà come nelle migliori storie ne esistono
diverse versioni e non in tutte c'è Nomura) e il dirigente Disney si
incontrano nell'ascensore questo perché la Disney e la Square
condividevano lo stesso palazzo in Giappone. In ogni caso i due si
mettono a discutere di come avrebbero potuto fare un progetto insieme
che comprendesse lo stile Square e i personaggi Disney, da quell'idea
nacque Kingdom Hearts.
Ora Kingdom Hearts è una serie di gran
successo e Nomura si sta divertendo a continuare la storia con molti
titoli su piattaforme diverse con grande entusiasmo e anche
perplessità da parte dei fan che vedono uscire sequel, prequel e
spin offs ad una velocità mostruosa ma senza che la serie abbia
effettivamente termine.
Qualche parola di saggezza per i fan,
Mr. Nomura? “No non posso rispondere a questa domanda (ride)”
risposta tipica di Nomura per qualunque domanda
Peter Molyneux – l'ottimismo è il
profumo della vita
Il mondo dei videogiochi è un mondo
spietato su questo non ci sono dubbi, questo Peter Molyneux l'ha
imparato a sue spese quando sviluppò il suo primo gioco nel 1982.
Erano sicuramente tempi diversi e
all'epoca sia la produzione che la distribuzione dei giochi su
Commodore 64 avveniva con metodi che potremmo definire amatoriali,
con poche persone o persino da soli si poteva creare un bestseller,
tentato da tutto ciò Peter incomincio a lavorare a “The
Enterpreneur” una simulazione testuale sull'economia di un azienda
appena avviata (non vedete l'ora di giocarci vero?). Guidato da un
inguaribile ed eccessivo ottimismo Peter decide di pubblicizzare il
suo gioco sulle riviste del settore e compra due masterizzatori (o
meglio doppiatori di cassette visto che i giochi erano su nastro) per
produrre centinaia di copie, infine in un raptus narcisistico compra
una cassetta delle lettere più grande per poter contenere le
tantissime lettere che sicuramente gli sarebbero arrivate.
Purtroppo dire che il gioco non ebbe
successo sarebbe un eufemismo, ma lo sarebbe anche dire che il gioco
vendette qualcosa considerato che ne furono ordinate due copie una
delle quali dalla madre di Peter. Fatti i conti con la triste realtà
il disilluso Peter decide di lasciar perdere con i videgiochi e mette
su un azienda esportatrice di fagioli nel medio oriente (tranquilli
non siete gli unici a cui tutto ciò suona così terribilmente
surreale). La storia di Peter poteva finire lì ma un fortuito
fraintendimento lo riportò nel mondo del gaming, pare infatti che la
compagnia di fagioli si chiamasse Tauros e pare anche che la
Commodore International la scambiò per la Torus un'azienda che
produceva software. A Peter vennero offerti 10 computer gratuitamente
per poter sviluppare al meglio su quella piattaforma, questo fatto
fece scattare qualcosa in Peter che accettò l'offerta (l'equivoco
verrà chiarito solo diverso tempo dopo) e decise di rimettersi a
sviluppare.
Qua iniziano gli anni d'oro di Peter e
della sua nuova azienda, la Bullfrog Productions che innoverà il
mondo dei videogiochi come mai era stato fatto finora, con titoli
come Popolus, il primo simulatore di “divinità” ma anche
Syndicate, Theme Park e Dungeon Keeper, titoli con una forte
componente gestionale che nessuno ancora aveva sfruttato. Nel '97
Peter lascia la Bullfrog e fonda la sua attuale azienda, la Lionhead
Studios e qui rincomincia il declino. Dopo un avvio abbastanza buono
con Black & White, lo studio incomincia lo sviluppo del “miglior
gioco di sempre” (testuali parole di Mr. Molyneux) ovvero Fable,
chi ci ha giocato o ha comunque potuto dare un occhiata ai seguiti
può benissimo vedere che si tratta di un normalissimo Rpg, il
problema incomincia ad essere
Peter stesso che con ritrovato
ottimismo ad ogni intervista si inventa l'ennesima novità che
nessuno vedrà mai nel titolo completo, questa sarà un po' la sua
rovina come ammesso da parte sua in un recente intervento dove fa mea
culpa di tutto ciò che ha dichiarato.
Parole di saggezza: “... ho infilato
talmente tante idee nel gioco che non ho pensato a come avrebbero
dovute essere usate o come avrebbero influito nella meccanica del
gioco. Ricordo che andavo ai meeting anche 3 mesi prima dell'uscita
del gioco e dicevo di avere nuove idee da inserire, tutto questo è
da matti.”
Hiroshi Yamauchi – lo shogun della
Nintendo
Forse non molti sanno che la Nintendo
nacque ufficialmente nel 1889, ovviamente non produceva videogiochi
ma carte da gioco, da allora quella piccola compagnia di Kyoto ne ha
fatta di strada e se ora è il colosso che tutti conosciamo è
soprattutto grazie a Hiroshi Yamauchi.
Nato nel 1927, Yamauchi da giovanissimo
ha dovuto lavorare in una fabbrica militare per aiutare il Giappone
nella seconda guerra mondiale, solo dopo la fine della guerra ha
potuto rincominciare gli studi ed iscriversi alla facoltà di
economia, che però lasciò dopo poco tempo in seguito a una supplica
di suo nonno il presidente Nintendo dell'epoca.
Il nonno ormai prossimo alla morte
voleva che il nipote guidasse l'azienda di famiglia, Yamauchi non del
tutto sicuro accetto a condizione che lui fosse l'unico membro della
famiglia presente nell'azienda, fu accontentato e si aprì così un
nuovo capitolo nella storia Nintendo.
All'inizio ci furono difficoltà
Yamauchi era giovane e inesperto, per questo stava sulle scatole a
molti lavoratori più anziani che reputavano le sue scelte assurde e
che spesso e volentieri lanciavano scioperi, Yamauchi però non era
il tipo da farsi mettere i piedi in testa e in poco tempo licenziò
tutti i dissidenti e stabilì quello che ancora oggi è chiamato lo
“stile imperialista Nintendo”.
La nuove modalità di lavoro
consistevano essenzialmente in un semplice punto: la centralità del
capo, in questo caso Yamauchi, niente veniva commercializzato se il
prodotto non piaceva a Yamauchi e la sua decisione era assoluta. Uno
schema così potrebbe sembrare destinato a fallire eppure Yamauchi
nella sua dittatura aziendale è sempre stato un uomo con grande
senso critico, ancora oggi i lavoratori raccontano di come era in
grado di capire facilmente cosa sarebbe piaciuto al pubblico e di
come pur non conoscendo niente dei processi lavorativi era in grado
di capire i punti deboli del prodotto. Questa sua capacità fu molto
utile quando si lanciò per la prima volta nel mondo dei videogiochi,
scoprendo che era un terreno ideale per far fiorire la compagnia di
famiglia.
Anche in questo caso lo sviluppo
seguiva uno schema bizzarro, gli sviluppatori erano divisi in tre
team costantemente in competizione tra loro per il giudizio
dell'imperatore tutto ciò serviva a migliorare la qualità dei
prodotti commercializzati.
In seguito a questo la Nintendo crebbe
a dismisura diventando quella che conosciamo oggi; Yamauchi contento
dei suoi risultati nel 2005 lascia il comando a Satoru Iwata (che
purtroppo ora deve vedersela con la crisi del 3ds) e rinuncia
volontariamente alla sua pensione (tra i 9 e i 14 milioni di dollari)
donando tutto alla Nintendo perché “ne può fare un uso migliore”,
se non è dedizione questa!
Parole di saggezza: [le persone che
giocano agli rpg] “sono gamers depressi a cui piace stare soli
nelle loro tristi stanze a giocare giochi lenti”
Reazione di Nomura alla frase |
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