martedì 3 dicembre 2013

Come funziona il gaming? Il caso Hotline Miami

Nelle parte uno e due di questa serie mi sono messo a parlare dei meccanismi classici che spingono il gamer a finire il gioco. Meccanismi a volte talmente subdoli e astratti che risulta difficile anche solo parlarne, soprattutto perché nonostante le spiegazioni più logiche e provate ci sarà sempre qualcuno che cercherà qualcosa di diverso nell'esperienza di gioco. Di conseguenza quello che a me diverte quando gioco a Super Mario potrà essere simile ma non uguale a quello che spinge un altro a giocarlo ed è proprio di questa diversità soggettiva che voglio parlare oggi. Per farlo ho deciso di parlare di un gioco in particolare questo perché secondo me spiega molto meglio la cosa di pagine e pagine di teoria. Il gioco in questione è Hotline Miami che da sempre consiglio caldamente a tutti i gamers che conosco. Se ci avete già giocato e vi chiedete cosa abbia di speciale continuate a leggere, ci arriverò molto presto.


Hotline Miami si presenta come il classico gioco indie: gameplay semplice, grafica 2d poco dettagliata e una storia piuttosto strana. Lo scopo di quasi tutti i livelli è uccidere ogni persona, un classico! Quello che però lo differenzia sono le modalità: a contrario degli sparatutto o degli rpg in Hotline Miami non c'è una barra della vita ma si muore appena si viene colpiti, stessa cosa per i nemici che al massimo potranno essere storditi e dovranno essere finiti con un altro colpo. Questo approccio se ci si pensa è in realtà molto realistico e in un certo senso contrasta con il mondo estremamente stilizzato creato dagli sviluppatori. Quando si finisce un livello appare una schermata dove vengono assegnati dei punti in base alla “performance” del giocatore e quello che si apprende è che il gioco premia gli atteggiamenti sconsiderati come le uccisioni in fila, uscire alla scoperto davanti ai nemici, la varietà di uccisioni ecc. insomma incita il giocatore ad essere il più violento possibile.


Durante la storia il protagonista incontrerà tre strani personaggi uno dei quali gli porrà delle domande tra le quali spicca “Ti piace far male alle persone?”. Questa domanda si può intendere in più modi e ci si può chiedere quale sia effettivamente il motivo del protagonista, se lo fa per odio, per soldi, per vendetta oppure per semplice divertimento. Sono cose che non ci è dato sapere ma quel “Ti piace far male alle persone?” è anche per il giocatore è come se gli sviluppatori stessero chiedendo al giocatore se si sta divertendo a giocare anche se metaforicamente il suo divertimento deriva da un atto orribile. A questo punto saltano fuori due categorie di giocatori: una che non si fa domande e continua a giocare per il gameplay in sé e una che in realtà continua solo per avere delle risposte sul perché delle azioni del protagonista. Se espandiamo un po' queste prospettive possiamo dire che alcuni non hanno bisogno di “motivi” per giocare, si divertono a far male alle persone dentro al gioco per un motivo fine a sé stesso mentre altri cercano qualcosa di più, magari non trovano l'attività neanche tanto divertente ma vanno avanti solo per cercare risposte. Teniamo a mente queste due prospettive perché le ritroveremo.


A un certo punto nel gioco (e qui iniziano gli spoilers!) il protagonista si risveglierà da un coma ed essenzialmente si capirà che quello che è successo prima sono ricordi o allucinazioni di eventi passati. Dai discorsi dei medici si intuisce che la ragazza del protagonista è stata uccisa e da quel momento a livello narrativo il gioco cambia. Il livello dell'ospedale è probabilmente quello più odiato da quelli che hanno giocato ad Hotline Miami e il perché è facilmente intuibile: non si può uccidere nessuno, si inizia da capo il livello appena si è visti e camminare per troppo tempo immobilizza per qualche secondo il protagonista. Però da quel momento il gioco ha una trama, non è più uccidere a caso ma è il protagonista che deve scappare dall'ospedale per andare a vendicarsi è come se gli sviluppatori avessero detto: “Volevi una storia a tutti i costi? Eccola!”. Nei livelli successivi si scopre sempre di più fino a combattere contro il boss finale e poi... niente! Alla fine del gioco il protagonista fuma su un balcone dopo aver ammazzato tutti i nemici ma le domande rimangono ed è qua che entra in scena la seconda parte di Hotline Miami. Dopo un rewind ci si ritrova a giocare come il primo boss del gioco, un tizio con un casco da motociclista. Questa volta la storia è molto dettagliata e dai primi dialoghi salta fuori che questo nuovo protagonista vuole uscire dal giro delle uccisioni perché non si diverte più e perché non sopporta più di farlo senza motivo. Ora ci riallacciamo al discorso iniziale e alla domanda “Ti piace far male alle persone?” Il protagonista iniziale rappresenta il giocatore che non si fa domande, si diverte con il gameplay per quello che è mentre il tizio con il casco è quello che vuole risposte vuole un motivo per divertirsi, vuole qualcosa che giustifichi il tempo speso a giocare.


Le sezioni con il motociclista non sono particolarmente curate come quelle con il protagonista originale questo anche perché non si possono usare le maschere e si ha una sola arma a disposizione e tutto questo rende il gioco un po' meno divertente della prima parte. Alla fine il motociclista trova le due menti dietro alle chiamate per le uccisioni e rullo di tamburi... non sono altro che i due sviluppatori del gioco! A quel punto parte un dialogo interpretabile in più modi (“abbiamo organizzato tutto noi da soli: siamo indipendenti!” “per noi non è altro che un gioco!”) insomma non proprio le risposte che voleva il motociclista o quel tipo di giocatore però effettivamente il punto degli sviluppatori è che non han fatto un gioco dove il divertimento va ricercato in chissà quale significato nascosto ma piuttosto secondo loro il divertimento va ricercato nel gameplay puro. Poi per il giocatore che proprio non si vuole arrendere esistono i pezzi del puzzle che sbloccano un finale alternativo dove i due personaggi finali spiegano di far parte di un organizzazione politica segreta. Non è un gran finale soprattutto considerato il primo e l'ennesimo ribadire che se vuoi trovarci un significato a tutti i costi lo puoi anche fare ma alla fine che cosa hai ottenuto davvero? 


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