giovedì 20 ottobre 2011

Gamers per caso: 5 storie che hanno cambiato il mondo dei videogiochi

In questo periodo si parla molto della morte di Steve Jobs, un personaggio con grandi idee e che ha profondamente segnato il mercato delle nuove tecnologie, innovandolo e creando qualcosa di nuovo. “Stay hungry, stay foolish” questo era il suo slogan che ormai vediamo ovunque e che appare anche nelle pagine Facebook di chi non lo conosce minimamente. Come lui però tantissime persone grazie ad un idea hanno potuto cambiare il mondo attorno a loro e noi di Gaming Mole nel nostro piccolo vogliamo dedicare un semplice spazio di approfondimento ad alcune personalità che per caso si sono trovate nel mondo del gaming e che con le loro idee hanno cambiato sensibilmente il nostro modo di vedere i videogiochi. Pronti? Iniziamo!

Charles Martinet – La voce dietro all'eroe


Non molti sanno chi è Charles Martinet e quelli che lo sanno si staranno chiedendo cosa ci fa un doppiatore in questa lista, però pensateci un attimo, qual'è una delle caratteristiche principali che vi vengono in mente quando pensate a Mario, la mascotte Nintendo più riconosciuta nel mondo? Forse può sembrare stupido ma la voce di Mario gioca un gran ruolo nell'immagine del personaggio e dietro ai vari “mammamia!” e “whoohooo!” c'è una storia che merita di essere raccontata.
Era il 1987 e la Nintendo of America stava cercando un doppiatore per Mario questo perché in uno dei successivi eventi si sarebbe utilizzata un'avanzata (per l'epoca) tecnologia in grado di ricreare in 3d la testa di Mario che poi avrebbe interagito con gli ospiti. Martinet non sapeva niente di tutto questo però sotto consiglio di un amico si presentò all'audizione non invitato, chiedendo di poter provare la parte. Il direttore acconsentì e gli raccontò brevemente della tecnologia aggiungendo che doveva fare la voce di un “idraulico italiano di Brooklyn”. All'inizio Martinet aveva pensato di fare una voce dal tono basso e con frasi scontrose tipica dello stereotipo italo americano, tuttavia quella doveva essere la voce che avrebbero dovuto sentire anche i bambini alla convention e quindi andava cambiata per risultare più amichevole.
Quando fecero partire il nastro di registrazione, Martinet non aveva ancora le idee chiare ma di impulso quello che disse fu “It's a me, Mario!” nella voce che tutti noi oggi conosciamo dopodiché incomincio a parlare con quella voce finché non finì il nastro. Uscito dallo studio Martinet era convinto che non sarebbe mai stato richiamato per il ruolo ma a quanto pare le cose andarono diversamente, il responsabile fu infatti entusiasta della sua audizione e lo convocò per la parte.
La presenza della testa di Mario parlante fu molto apprezzata dal pubblico tanto che fu riproposta anche in altri incontri, in uno di questi Martinet ebbe modo di far parlare Mario con il suo creatore Shigeru Miyamoto chiamandolo papà, Miyamoto fu molto divertito dalla voce e offrì al doppiatore l'opportunità di prestare la sua voce anche nei videogiochi. Adesso Martinet non doppia solo Mario, ma anche Luigi, Wario e Waluigi, personaggi che col tempo ha apprezzato sempre di più e che gli piacciono perché rappresentano le parti più ingenue e innocenti di ognuno di noi, il suo preferito rimane comunque Mario di cui adora il coraggio e l'ottimismo con cui si butta nelle sue imprese per salvare Peach.
Parole di saggezza:




Amy Hennig – Giochi che sono storie da raccontare


Si sa, il mondo degli sviluppatori di videogames è fatto di omoni barbuti e in sovrappeso o almeno così dice l'opinione pubblica, fortunatamente in realtà non è proprio così, un esempio è Amy Hennig una donna il cui ingegno ha dato vita a giochi memorabili.
Il coinvolgimento di Amy nei videogiochi è tuttavia puramente casuale, infatti dopo essersi laureata in letteratura inglese e dopo l'iscrizione ad un scuola di cinematografia le capita di accettare un lavoro freelance come artista per un videogioco Atari ed è li che scatta la scintilla.
Amy sembra infatti comprendere che nei videogiochi c'è un gran potenziale forse maggiore rispetto ai film, per questo motivo lascia la scuola di cinematografia e si dedica completamente all'industria dei videogames.
La grande opportunità viene qualche anno dopo quando viene assunta dall'Electronic Arts e viene promossa a lead designer per il gioco Michael Jordan: Chaos in the windy city

Un gioco il cui obiettivo e far girar le palle!
  La carriera di Amy continua alla Crystal Dinamics dove aiuterà a sviluppare i titoli della serie Legacy of Kain, titoli dalla narrazione abbastanza complessa, per chi non li conosce basti pensare che la storia parla di vampiri, viaggi nel tempo, paradossi temporali e antiche civiltà, tanta carne al fuoco che Amy riesce a gestire con maestria grazie anche al suo background letterario che le sarà molto utile nello sviluppo dei giochi successivi tra cui il pluriacclamato Uncharted.
Proprio grazie al seguito di Uncharted Amy si guadagna un premio dalla Writer's Guild of America per la sceneggiatura magistrale del gioco che ricorda molto da vicino un film di Indiana Jones, tuttavia Amy tende sempre a chiarire che non è tutto merito suo e che alla realizzazione del gioco sono state coinvolte oltre 150 persone tra artisti e programmatori.
150 persone coordinate da una donna? Forse lo stereotipo del maschilismo nel mondo dei videogiochi non è poi così tanto veritiero, lo conferma anche Amy che per tutti gli anni che ha lavorato nell'industria non si è mai sentita discriminata in quanto donna, anzi è stato proprio grazie al confronto reciproco con i colleghi colleghi che ha permesso loro di creare giochi di qualità.
Parole di saggezza:
“Questo è un settore dove bisogna imparare a riapprendere le cose e a ricominciare da capo, se non sei in grado di farlo non resisti”

Tetsuya Nomura – Ascensori che creano capolavori


Lo vedete quest'uomo? Si chiama Tetsuya Nomura, ha 41 anni, è un game designer e ha diversi super-poteri tra cui l'abilità di scalare le piramidi aziendali in poco tempo e far diventare un best seller ogni gioco che tocca.
La sua carriera inizia nel '91 alla Squaresoft dove lavora come debugger per Final Fantasy IV, l'anno successivo diventa graphic designer per i mostri di Final Fantasy V e due anni dopo graphic designer per i personaggi di Final Fantasy VI. La svolta si ha però quando nel '95 gli viene data l'opportunità di curare la grafica e scrivere la storia di Final Fantasy VII, quel gioco a cui tutti prima o poi abbiamo giocato o ne abbiamo almeno sentito parlare.

è così famoso che Nomura ci ha girato un film sopra e Nomura non è nemmeno un regista!
Final Fantasy VII si rivela un grande successo e come scriveva la critica all'epoca “ridefinisce gli rpg”, infatti Nomura si discosta leggermente dallo stile classico di Final Fantasy e crea un titolo con una storia più seria, un atmosfera più scura e dei personaggi molto particolari.
I successi di Nomura però non finiscono qui, anzi se ne creeranno molti altri ma tutto incomincierà per caso da un incontro in ascensore.
Cosa succederebbe se un giorno di fianco a noi in ascensore salisse un dirigente della Disney? Probabilmente niente al massimo un saluto e qualche commento sul tempo per rompere l'imbarazzante silenzio che si crea in quelle situazioni, ma Nomura come descritto in precedenza non è come noi e quando l'ascensore arriva al piano giusto lui e il dirigente Disney hanno già il progetto dell'anno, la leggenda infatti vuole che Nomura (anche se in realtà come nelle migliori storie ne esistono diverse versioni e non in tutte c'è Nomura) e il dirigente Disney si incontrano nell'ascensore questo perché la Disney e la Square condividevano lo stesso palazzo in Giappone. In ogni caso i due si mettono a discutere di come avrebbero potuto fare un progetto insieme che comprendesse lo stile Square e i personaggi Disney, da quell'idea nacque Kingdom Hearts.
Ora Kingdom Hearts è una serie di gran successo e Nomura si sta divertendo a continuare la storia con molti titoli su piattaforme diverse con grande entusiasmo e anche perplessità da parte dei fan che vedono uscire sequel, prequel e spin offs ad una velocità mostruosa ma senza che la serie abbia effettivamente termine.
Qualche parola di saggezza per i fan, Mr. Nomura? “No non posso rispondere a questa domanda (ride)” risposta tipica di Nomura per qualunque domanda

Peter Molyneux – l'ottimismo è il profumo della vita


Il mondo dei videogiochi è un mondo spietato su questo non ci sono dubbi, questo Peter Molyneux l'ha imparato a sue spese quando sviluppò il suo primo gioco nel 1982.
Erano sicuramente tempi diversi e all'epoca sia la produzione che la distribuzione dei giochi su Commodore 64 avveniva con metodi che potremmo definire amatoriali, con poche persone o persino da soli si poteva creare un bestseller, tentato da tutto ciò Peter incomincio a lavorare a “The Enterpreneur” una simulazione testuale sull'economia di un azienda appena avviata (non vedete l'ora di giocarci vero?). Guidato da un inguaribile ed eccessivo ottimismo Peter decide di pubblicizzare il suo gioco sulle riviste del settore e compra due masterizzatori (o meglio doppiatori di cassette visto che i giochi erano su nastro) per produrre centinaia di copie, infine in un raptus narcisistico compra una cassetta delle lettere più grande per poter contenere le tantissime lettere che sicuramente gli sarebbero arrivate.
Purtroppo dire che il gioco non ebbe successo sarebbe un eufemismo, ma lo sarebbe anche dire che il gioco vendette qualcosa considerato che ne furono ordinate due copie una delle quali dalla madre di Peter. Fatti i conti con la triste realtà il disilluso Peter decide di lasciar perdere con i videgiochi e mette su un azienda esportatrice di fagioli nel medio oriente (tranquilli non siete gli unici a cui tutto ciò suona così terribilmente surreale). La storia di Peter poteva finire lì ma un fortuito fraintendimento lo riportò nel mondo del gaming, pare infatti che la compagnia di fagioli si chiamasse Tauros e pare anche che la Commodore International la scambiò per la Torus un'azienda che produceva software. A Peter vennero offerti 10 computer gratuitamente per poter sviluppare al meglio su quella piattaforma, questo fatto fece scattare qualcosa in Peter che accettò l'offerta (l'equivoco verrà chiarito solo diverso tempo dopo) e decise di rimettersi a sviluppare.
Qua iniziano gli anni d'oro di Peter e della sua nuova azienda, la Bullfrog Productions che innoverà il mondo dei videogiochi come mai era stato fatto finora, con titoli come Popolus, il primo simulatore di “divinità” ma anche Syndicate, Theme Park e Dungeon Keeper, titoli con una forte componente gestionale che nessuno ancora aveva sfruttato. Nel '97 Peter lascia la Bullfrog e fonda la sua attuale azienda, la Lionhead Studios e qui rincomincia il declino. Dopo un avvio abbastanza buono con Black & White, lo studio incomincia lo sviluppo del “miglior gioco di sempre” (testuali parole di Mr. Molyneux) ovvero Fable, chi ci ha giocato o ha comunque potuto dare un occhiata ai seguiti può benissimo vedere che si tratta di un normalissimo Rpg, il problema incomincia ad essere
Peter stesso che con ritrovato ottimismo ad ogni intervista si inventa l'ennesima novità che nessuno vedrà mai nel titolo completo, questa sarà un po' la sua rovina come ammesso da parte sua in un recente intervento dove fa mea culpa di tutto ciò che ha dichiarato.
Parole di saggezza: “... ho infilato talmente tante idee nel gioco che non ho pensato a come avrebbero dovute essere usate o come avrebbero influito nella meccanica del gioco. Ricordo che andavo ai meeting anche 3 mesi prima dell'uscita del gioco e dicevo di avere nuove idee da inserire, tutto questo è da matti.”

Hiroshi Yamauchi – lo shogun della Nintendo


Forse non molti sanno che la Nintendo nacque ufficialmente nel 1889, ovviamente non produceva videogiochi ma carte da gioco, da allora quella piccola compagnia di Kyoto ne ha fatta di strada e se ora è il colosso che tutti conosciamo è soprattutto grazie a Hiroshi Yamauchi.
Nato nel 1927, Yamauchi da giovanissimo ha dovuto lavorare in una fabbrica militare per aiutare il Giappone nella seconda guerra mondiale, solo dopo la fine della guerra ha potuto rincominciare gli studi ed iscriversi alla facoltà di economia, che però lasciò dopo poco tempo in seguito a una supplica di suo nonno il presidente Nintendo dell'epoca.
Il nonno ormai prossimo alla morte voleva che il nipote guidasse l'azienda di famiglia, Yamauchi non del tutto sicuro accetto a condizione che lui fosse l'unico membro della famiglia presente nell'azienda, fu accontentato e si aprì così un nuovo capitolo nella storia Nintendo.
All'inizio ci furono difficoltà Yamauchi era giovane e inesperto, per questo stava sulle scatole a molti lavoratori più anziani che reputavano le sue scelte assurde e che spesso e volentieri lanciavano scioperi, Yamauchi però non era il tipo da farsi mettere i piedi in testa e in poco tempo licenziò tutti i dissidenti e stabilì quello che ancora oggi è chiamato lo “stile imperialista Nintendo”.
La nuove modalità di lavoro consistevano essenzialmente in un semplice punto: la centralità del capo, in questo caso Yamauchi, niente veniva commercializzato se il prodotto non piaceva a Yamauchi e la sua decisione era assoluta. Uno schema così potrebbe sembrare destinato a fallire eppure Yamauchi nella sua dittatura aziendale è sempre stato un uomo con grande senso critico, ancora oggi i lavoratori raccontano di come era in grado di capire facilmente cosa sarebbe piaciuto al pubblico e di come pur non conoscendo niente dei processi lavorativi era in grado di capire i punti deboli del prodotto. Questa sua capacità fu molto utile quando si lanciò per la prima volta nel mondo dei videogiochi, scoprendo che era un terreno ideale per far fiorire la compagnia di famiglia.
Anche in questo caso lo sviluppo seguiva uno schema bizzarro, gli sviluppatori erano divisi in tre team costantemente in competizione tra loro per il giudizio dell'imperatore tutto ciò serviva a migliorare la qualità dei prodotti commercializzati.
In seguito a questo la Nintendo crebbe a dismisura diventando quella che conosciamo oggi; Yamauchi contento dei suoi risultati nel 2005 lascia il comando a Satoru Iwata (che purtroppo ora deve vedersela con la crisi del 3ds) e rinuncia volontariamente alla sua pensione (tra i 9 e i 14 milioni di dollari) donando tutto alla Nintendo perché “ne può fare un uso migliore”, se non è dedizione questa!
Parole di saggezza: [le persone che giocano agli rpg] “sono gamers depressi a cui piace stare soli nelle loro tristi stanze a giocare giochi lenti”

Reazione di Nomura alla frase

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